Quasi alla vigilia dell’assemblea online di domenica – ridotta a un solo giorno – , c’è un nuovo dato che dovrebbe preoccupare il Pd oltre a quelli già noti. Anzi, dovrebbe sconvolgerlo. Si parla del sondaggio Swg per La7 che colloca il partito per la prima volta dietro i Cinque Stelle. Questi ultimi beneficiano di un limitato ma concreto “effetto Conte” che li strappa al loro destino in apparenza già segnato e li colloca al 17,2 per cento, ossia secondi alle spalle della Lega; nello stesso tempo il Pd sconta il disastro degli ultimi giorni e perde quasi due punti, scivolando al 16,6. Ma non basta, perché la forza che ambiva a essere il punto di equilibrio del sistema è superata anche da Fratelli d’Italia che raccoglie il 16,8.Si dirà: sono sondaggi e come tali capaci di fotografare l’istante ma non credibili già tra una settimana o anche meno. A maggior ragione adesso che le elezioni, anche quelle amministrative, sono lontane e avvolte nella nebbia. Tuttavia l’immagine di un Pd ridotto a quarto partito, prigioniero del proprio istinto auto-flagellatorio, rischia di convincere anche l’elettore più fedele che il declino è irreversibile. E questo cambia il quadro. Si può discutere a lungo su quale linea politica debba prevalere, e per la verità al momento non se ne discute affatto. Ma non si può negare che l’indebolimento elettorale, pur virtuale, rende qualsiasi scelta drammatica. Il Partito Democratico era abituato a fare o disfare alleanze essendone comunque il perno. Il primo partito del centrosinistra, quando non il partito di maggioranza relativa. L’intesa via via più stretta con i Cinque Stelle aveva come sottinteso che il partner più forte fosse quello del Nazareno. E la progressiva erosione del movimento “grillino” era un argomento a favore del patto. Come dire, vedete che i 5S si stanno trasformando in una specie di corrente esterna del Pd? In realtà le questioni erano più complicate, a cominciare dal senso dell’alleanza: uno strumento per mantenersi al governo, ma senza un’idea comune di quale futuro offrire all’Italia o almeno di come rendere più moderno il Paese. Adesso invece il nuovo segretario – è molto intensa in queste ore la pressione su Enrico Letta – dovrà fare il pane con la poca farina che ha. Il Pd sta diventando il “partner minore” di quell’intesa con i “grillini” che buona parte del gruppo dirigente vuole conservare. Ma essere piccoli dopo essere stati più grandi significa perdere anche l’illusione di decidere dove andare e come. Non solo: vuol dire essere oggetto di lazzi, persino di insulti inconcepibili fino a poco tempo fa.L’ex portavoce di Conte – cioè il “punto di riferimento dei progressisti”, secondo una nota definizione – si è preso la libertà parlare di alcuni esponenti del Pd come di “cancri” da estirpare, salvando Zingaretti e Franceschini. E la “sardina” Santori, nell’intervista a questo giornale, ha indicato il Pd come “marchio tossico”. Ora, a parte Santori che è rientrato nel suo personaggio, la verità è che Casalino pur scusandosi in un secondo tempo parla e agisce come se il Pd fosse terra di conquista per imporre, o meglio consolidare la linea della fusione di fatto con 5S e Leu. Se sarà Letta il prescelto per la segreteria avrà da lavorare nell’intento di imporre una rotta riformatrice. Che a questo punto coincide con un’adesione piena, dunque priva di ambiguità, a Draghi e al suo governo. Lasciando per ora sullo sfondo la questione dei compagni di strada.
Lascia un commento