di Michele Serra
Gentile Michele Serra,
dal pc di casa si poteva accedere ai servizi postali o bancari tramite Otp, e ancora per poco si potrà accedere ai servizi della pubblica amministrazione tramite le classiche credenziali. Dopodiché sarà obbligatorio utilizzare lo Spid. La tanto osteggiata ma valida e facoltativa alternativa Cie (Carta di identità elettronica) per accedere ai servizi digitali è ancora in alto mare, forse perché prevede semplicemente l’inserimento della Carta nel lettore senza l’onere di acquisto del cellulare e relativo canone mensile da corrispondere all’operatore di turno. La Cie infatti consente risparmio (ahi!) e soprattutto semplicità d’uso anche per coloro che, impacciati come me, annaspano, tremano, sudano freddo al solo pensiero di posizionare il cellulare di fronte al pc, inquadrare perfettamente e per tempo il Qr code, pena l’annullamento dell’operazione e lo sconforto per l’assurdità di un’imposizione farraginosa e costosa.
Si dovrebbe altresì spiegare perché anche il più evoluto pc (che potrebbe gestire in sicurezza, affidabilità e operatività tutte le app e gli sms del mondo) necessita della doppia validazione identificativa tramite cellulare, mentre quest’ultimo, con potenzialità e sicurezza molto più limitate, può miracolosamente operare da solo. Spero mai si possa dire: ma come siamo diventati così ottusi da devolvere ai cellulari, con l’aggravante di accettare, condividere e offrire con un entusiastico “Ok mi piace”, il controllo totale, pervasivo e per di più gratuito dell’esistenza? Le applicazioni dovrebbero essere facoltative. Rendere obbligatorio e senza alternative un così delicato meccanismo di identificazione e di controllo è già un regalo irresponsabile al potere consumistico; ancora più irresponsabile predisporlo per l’eventuale despota di turno. Le dittature sono sempre in agguato e non avvengono per caso.
Gaetano Agnetta
Caro Agnetta, non entro nel dettaglio tecnico. Addentrarsi in quel mondo richiede competenze e destrezze che non ho. Già questo, però, lascia intendere che nel mondo digitale esiste un grosso problema di padronanza del linguaggio, dunque di “cittadinanza”, dunque di democrazia. La complicazione di alcuni processi digitali discrimina oggettivamente una enorme massa di persone. Vengo puntualmente redarguito, da sapientoni di vario calibro, ogni volta che avanzo dubbi sulle regole di navigazione e soprattutto sulla privacy, che è un totale colabrodo. Mi dicono, in buona sostanza, che non so usare come dovrei il Nuovo Mondo, e hanno (parzialmente) ragione: perché se devo fare una ricerca, per dire, su Spinoza o sull’Inter di Herrera, sono sicuro di farla meglio di loro; ma se devo traslare dalle mie vecchie abitudini “fisiche” al mondo digitale i tanti aspetti amministrativi e burocratici della vita quotidiana, effettivamente annaspo. Odio le app, le password (migliaia!) e tutto il resto.
Detto questo (e non si è detto poco), è l’esperienza che mi dice che sì, il controllo che il sistema digitale esercita nei nostri confronti è certamente superiore al controllo che noi esercitiamo su di lui. Essere crivellato di telefonate dei call center (come fanno ad avere il mio numero privato? Ho firmato migliaia di “non consento”), è solo la punta di un iceberg. I nostri dati viaggiano a vagoni, a container, laddove li portano i loro controllori. Siamo comprati e venduti ogni secondo della nostra vita. In cambio della inebriante comodità della connessione globale, paghiamo un prezzo ancora non quantificabile in termini di controllo sociale e di libertà personale: non ultima la libertà di non essere considerati, 24 ore su 24, consumatori a tempo pieno. Sul mio comodino giace, cospicuo e minaccioso, il formidabile saggio di Shoshana Zuboff Il capitalismo della sorveglianza, che leggo a piccole dosi per non rischiare di perdere il sonno… Lo consiglio anche a lei, lo consiglio a tutti quelli che credono di risolvere con la semplice padronanza del mezzo (il pc, lo smartphone) un problema che è prima di tutto politico. O si parla di politica, parlando del web, o non vale nemmeno la pena parlarne.
Sul Venerdì del 25 giugno 2021
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